
Nel paziente oncologico la percezione della propria adeguatezza e desiderabilità sessuale e l’intensità della libido possono essere influenzate in modo negativo anche se il tumore non coinvolge gli organi sessuali.
Quanto comunica il paziente oncologico dei suoi problemi sessuali all’operatore?
I principali fattori riguardano:
- la gravità della patologia,
- il tipo di trattamento,
- lo stato fisico e psicologico attuale e precedente,
- il tipo di risorse personali (psicologiche, fisiche e oggettive) e familiari ,
- la relazione col partner.
Quando ci si approccia ad una malattia importante come quella oncologica alcuni aspetti fondamentali della vita passano in secondo piano o vengono completamente accantonati, la sessualità rappresenta proprio uno di questi aspetti.
Effettivamente, non è soltanto da parte del paziente che si perde lo stimolo a viverla e/o a parlarne, ma in molti casi fa parte di quegli argomenti intimi e avvolti da troppi tabù che limitano anche la spontaneità dell’operatore nel trattarli.
Si è deciso così di effettuare uno studio per comprendere come e quanto il paziente oncologico parli con il sanitario delle ripercussioni, date dal percorso di malattia, sulla propria sessualità.
Studio che si è avvalso sella collaborazione dei colleghi di altre oncologie ospedaliere della regione Marche, che ringrazio sentitamente assieme a tutti gli altri operatori sanitari che vi hanno aderito.
Gli operatori coinvolti nello studio sulla sessualità e il cancro
E’ stata effettuata un’indagine su 101 operatori (35% medici, oncologi e chirurghi; 11% psicologi; 55% infermieri), del settore oncologico in dieci ospedali della regione Marche, con la gentile collaborazione dei colleghi delle varie strutture.
I nosocomi partecipanti sono stati: Fabriano, Jesi, Senigallia, Fano, Pesaro, Urbino, gli Ospedali Riuniti di Torrette di Ancona e, con un numero estremamente ridotto di schede, hanno partecipato anche Fermo, Macerata e l’INRCA di Ancona.
Tranne che per l’INRCA i reparti interessati erano le rispettive Unità di Oncologia. Solo per Senigallia hanno partecipato anche gli operatori della U.O. di Chirurgia, per valutare se vi fossero differenze rilevanti, ma le cui risposte non si sono discostate in modo significativo da quelle degli altri colleghi. In quest’ultimo caso, gli operatori dovevano fare riferimento solo ai pazienti oncologici.
Il questionario
Il questionario consisteva in undici domande rivolte ai sanitari e riguardanti due approcci diversi:
- uno era soggettivo e analizzava il punto di vista dell’operatore, dato soprattutto dall’esperienza personale nell’interrelazionarsi col malato,
- l’altro era oggettivo e si basava sui contenuti espressi dal paziente all’operatore o su dati quantitativi.
Per alcuni items si dava la possibilità di segnare più risposte, in modo da evitare che non emergessero aspetti meno presenti ma pur sempre rilevanti, ed era sempre aggiunta la voce altro per aumentare il margine delle possibili risposte e annullare la possibilità di non considerare alcuni comportamenti.
I questionari erano anonimi e dovevano essere compilati anche se l’operatore non aveva avuto mai colloqui con pazienti in merito alla sessualità, questo per avere una stima il più possibile veritiera della situazione ed evitare una pre-selezione spontanea di operatori più coinvolti in questo tema.
La chiamo indagine perché non ha tutti i presupposti per essere una ricerca scientifica, ho solo voluto raccogliere alcuni dati su un tema poco trattato, per avere maggiori informazioni che possono fungere da base per un lavoro più accurato e significativo.
Penso comunque che le informazioni raccolte creino molti spunti di riflessione e aiutino a comprendere maggiormente le dinamiche che si creano attorno al vissuto della sessualità del paziente oncologico.
Di fatto, fra le altre cose, è emerso il bisogno del paziente di parlare di sessualità e la disponibilità di molti colleghi (medici e psicologi) a farlo.
I risultati del questionario
Dal questionario sono emerse diverse informazioni rilevanti, sia da parte del paziente o del familiare, sia da parte degli operatori.
I dati hanno mostrato false credenze sulla sessualità del paziente oncologico. Una percentuale molto bassa, ma ugualmente importante, dei pazienti e dei familiari crede che la malattia oncologica possa essere trasmessa sessualmente.
Inoltre, le risposte al questionario hanno evidenziato che sussistono influenze alle performances sessuali da parte della persona ammalata, dovute alla preoccupazione di limitazioni future per le terapie o gli interventi chirurgici, e da parte del coniuge vi è spesso il timore di poter mettere in difficoltà il paziente nel desiderare una piena sessualità.
Con quali operatori i pazienti parlano di sessualità?
Di tali problematiche la persona ammalata tende a parlarne con il sanitario e, in molti casi, la paziente donna lo fa più facilmente se l’operatore è del suo stesso sesso.
Psicologi e medici maschi parlano con più frequenza con pazienti di età compresa fra i 30 e i 40 anni, i medici donna mostrano di discuterne di più con pazienti che hanno fra i 50 e i 60 anni, mentre la fascia maggiore di età degli infermieri riguarda i 40 e i 50 anni.
Diversa è la situazione di dialogo delle infermiere che mostrano percentuali abbastanza eterogenee di età, dei pazienti con cui parlano di sessualità, con una prevalenza delle fasce dai 40 ai 60 anni; la percentuale maggiore netta è data dalla risposta che nega la conoscenza di una fascia specifica, avvalorando forse l’ipotesi di una omogeneità dell’utenza che a loro si riferisce.
Quanto gli operatori conoscono circa le problematiche nella sessualità del paziente oncologico?
Da parte degli operatori emerge una conoscenza ancora limitata del fenomeno, spesso non compreso pienamente nelle sue cause, ma, allo stesso tempo, essi mostrano buona sensibilità e disponibilità nel parlare di sessualità con pazienti e familiari.
I dati espressi sono stati valutati nel 2009 e solo nelle Marche e quindi, visto che riguardano le modalità di relazionarsi degli operatori, dei pazienti e dei familiari e di discutere di sessualità, nell’ottica delle diversità di usanze e abitudini proprie di ogni regione, sono riferibili alla popolazione marchigiana; essi possono comunque fornire dei feedback, da confrontare e approfondire, anche per le altre realtà territoriali.
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Dott.ssa LAURA PEDRINELLI CARRARA
Psicologa, Psicoterapeuta
Studio in Via Marche, 71 a Senigallia (An)
Cell. 347/9471337
www.laurapedrinellicarrara.it
pedrinellicarraralaura@gmail.com