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Il vissuto emozionale della persona ammalata

Il vissuto emozionale della persona ammalata

livello emozionale, la persona che contrae una malattia importante come il tumore maligno o, in generale, una patologia organica grave, contatta e vive emozioni diverse anche contemporaneamente.

Le emozioni provate variano di qualità e di intensità in base alle caratteristiche di personalità del soggetto, possiamo però elencarne alcune che si presentano maggiormente:

L’ansia

L’ansia è uno stato di tensione che, a livelli normali, ci serve per poterci meglio attivare e concentrare sul nostro compito da eseguire o qualsiasi altra  situazione importante che ci accingiamo ad effettuare. Una certa ansia ci aiuta a prendere quel tipo di lavoro in modo più  approfondito oppure a preoccuparci per un nostro caro e quindi a meglio organizzarci per lui.

Al contrario, quando sentiamo di provare un’ansia che ci crea disagio, allora significa che il livello di intensità è già abbastanza elevato e che quindi lo stato di tensione che proviamo ci rende più difficile la concentrazione, la memoria, ci fa essere più pessimisti. In questo caso, generalmente, l’ansia è vissuta come spiacevole passività verso eventi dannosi che il soggetto pensa stiano verificandosi o teme possano succedere.

Alcuni motivi di ansia per il paziente possono riguardare:

  • Il dubbio di aver fatto giuste scelte sui medici e/o su dove operarsi e curarsi.
  • L’attesa del responso della diagnosi o delle analisi di controllo.
  • Il doversi sottoporre a esami invasivi non sapendo di preciso come avverranno.
  • Il non sapere come e se evolverà la sua malattia.
  • Il timore di pesare troppo sui familiari.
  • Il timore che il partner lo abbandonerà.
  • Il timore di non farcela economicamente
  • Il timore di non tornare più come prima (fisicamente o anche psicologicamente).

 

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L’angoscia

L’angoscia  è uno stato elevato di ansia nel quale il soggetto prova un vissuto di profonda paura verso qualcosa di estremamente minaccioso e incontrollabile che non sa definire.

L’angoscia nel paziente è spesso legata a collegamenti psicologici con altri avvenimenti vissuti, direttamente o indirettamente, che riportano all’individuo sensazioni di disagio profondo. Per esempio, l’ansia per una diagnosi può divenire angoscia se quella stessa malattia è già stata vissuta in modo particolarmente negativo da un proprio familiare o anche da una persona amica. Può succedere così che l’individuo provi angoscia senza comprendere che le sue paure sono collegate ai vissuti familiari.

In altri casi, i collegamenti psicologici sono molto più profondi e indiretti, come il vissuto di tradimento da parte del proprio corpo che può collegarsi ad un altro tipo di tradimento vissuto nella propria vita come per esempio un aborto spontaneo, un ‘altra malattia o un effettivo tradimento del proprio coniuge. Tutti questi esempi riguardano sentimenti di perdita non elaborati che sembravano superati e invece riaffiorano con l’apparire di un altro evento luttuoso (lutto come perdita).

Nell’angoscia di morte il soggetto vive, spesso non in modo pienamente consapevole, un forte stato angoscioso per la paura di poter non proseguire la propria vita. Il lavoro psicologico con la persona che prova le angosce di morte è importante proprio per dare un nome al disagio che il soggetto sta provando e che solo confrontandosi con esso, nel momento e nel modo più opportuno, può lenire.

L’imbarazzo

L’imbarazzo è un’emozione sociale  dovuta ad eventi che mettono in crisi l’immagine pubblica dell’individuo nel qui ed ora.

Una persona che vive una fase delicata e particolare come quella di cura di una malattia severa, può provare imbarazzo in alcuni tipi di situazioni, per es.

  • Mostrare le proprie paure ai familiari
  • Entrare in posti nuovi, mai frequentati prima
  • Doversi fare aiutare anche nelle situazioni più intime (es. igiene personale) dai familiari o dagli operatori
  • Mostrare i segni della malattia o dei trattamenti agli altri (il proprio corpo emaciato, la perdita dei capelli, ecc)

Per comprendere il paziente è sempre bene mettersi nei suoi panni, che spesso, sono molto diversi dai nostri; ciò significa che a volte, ciò che a noi non crea problema all’altro può creare imbarazzo e viceversa.

Pensiamo per esempio alla situazione nella quale abbiamo aspettato prima di entrare per fare una visita medica e nell’attesa, fra il caldo e/o l’agitazione abbiamo sudato.

Quando entriamo saremo tranquilli o imbarazzati nello spogliarci davanti al medico? Dipende.

Alcune persone esterneranno subito l’accaduto trovando nel medico comprensione e la situazione sarà sminuita; in altri casi la persona potrà non darci nessuna importanza e quindi effettuerà la visita senza alcun problema, ci saranno poi quei casi in cui l’individuo non dirà nulla, ma si sentirà enormemente in imbarazzo nell’affrontare la visita.

Ci sono poi persone che non hanno un rapporto eccellente col proprio corpo e per le quali lo spogliarsi, il farsi medicare o la prossimità con un operatore sconosciuto rappresenta fonte di imbarazzo. Gli esempi possono essere tanti, l’importante è sempre quello di non sottovalutare mai quello che proviamo o che provano le persone vicine a noi, perché a volte basta davvero poco per poter affrontare meglio ogni situazione.

E’ importante perciò capire che per un determinato periodo il paziente può manifestare alcuni segni dati dal tipo di trattamento chirurgico o farmacologico o dai sintomi della malattia e che tali aspetti potrebbero comportargli  momenti di imbarazzo.

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La vergogna

La vergogna è un vissuto psicologico di forte disagio nell’interazione sociale che ha un grande impatto emotivo tanto da influenzare in modo rilevante il comportamento del soggetto.

La vergogna è un’emozione simile all’imbarazzo, ma più intensa.

Se siamo imbarazzati, generalmente, facciamo le cose con più fatica ma le facciamo, diversamente, se proviamo vergogna difficilmente affronteremo quella determinata situazione, ma tenderemo ad attuare comportamenti di evitamento.

Per esempio un signore evitava di farsi venire a prendere dall’ambulanza per non far sapere ai vicini di essere ammalato, anche se questo gli comportava doversi recare al nosocomio a piedi. In altri casi, mi è successo di assistere a pazienti che omettevano un sintomo per evitare un ipotetico giudizio svalutante da parte del sanitario e/o del familiare. In un’altra situazione, un signore  evitava di andare a cene o a pranzi con amici perché le cure che stava facendo gli producevano scariche di diarrea e quindi il solo pensiero di potersi trovare in una situazione sociale, nella quale questo si potesse comprendere, era per lui momento di vergogna.

La paura

La paura è una emozione spiacevole che proviamo quando supponiamo di poter affrontare un pericolo o una sofferenza per noi stessi o per chi ci è vicino.

Come tutte le emozioni, anche la paura ha una connotazione positiva, essa ci aiuta a non mettere a rischio la nostra incolumità fisica e psicologica. Per esempio, se cammino vicino ad un burrone e non ho paura posso maggiormente rischiare di cadere.

E’ fondamentale comprendere che la paura è un tipo di emozione spesso inquadrata come stato negativo e associata all’età infantile, per questo motivo, l’ammalato che prova paura può sentirsi in imbarazzo o addirittura vergognarsi di mostrarla.

Frasi come “Non fare il bambino!” oppure “Dai, non aver paura, anche un bambino lo farebbe!” sono esplicative del modo col quale viene valutata la persona che prova paura, cioè in base al giudizio personale di chi giudica circa l’entità del pericolo a cui si va incontro. Come dire, si può aver paura di determinati eventi, ma non di altri in base però a criteri emessi da chi non sta vivendo la situazione direttamente.

Altre volte, invece, lo sminuire la gravità del pericolo viene utilizzata come modalità di sostegno della persona ammalata, per esempio fargli notare che la paura di non risvegliarsi dall’anestesia è banale non tiene conto del fatto che se la persona ha paura non è sminuendo l’evento che la si aiuta, perché ciò non limita la paura ma casomai la sua espressione diretta.

Sono le giuste informazioni che possono aiutare la persona che ha paura, più l’accettazione di quella paura e il sentire i propri cari vicini e comprensivi di quel momento difficile.

Vi sono molte situazioni per le quali una persona ammalata può provare paura:

  • Per il responso della diagnosi
  • Del dolore fisico
  • Delle difficoltà fisiche che possono emergere dopo l’intervento o con l’aggravarsi della malattia
  • Di non farcela psicologicamente a superare le difficoltà che la malattia comporta

N.B. Questo brano è una parte dell’articolo IL VISSUTO PSICOLOGICO DELLA PERSONA AFFETTA DA CANCRO O CON MALATTIA ORGANICA GRAVE Con accenni anche al vissuto dei familiari e degli operatori

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Dott.ssa LAURA PEDRINELLI CARRARA
Psicologa, Psicoterapeuta, Ipnotista Ericksoniana
Studio in Via Marche, 71 a Senigallia
Cell. 347/9471337
www.laurapedrinellicarrara.it

 

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