
Che cosa è il dolore fisico
Provare dolore fisico significa avere un disagio organico per cui si sta soffrendo, alcuni esempi sono: il mal di testa, il mal di denti o i dolori da intervento chirurgico.
A volte i dolori fisici sono dati da cause psicologiche come lo stress che ci provoca l’emicrania o la tensione nervosa che diventa tensione ai muscoli delle spalle e del collo con successivo dolore nella parte tesa.
Che cosa è il dolore psichico
Il dolore psichico riguarda quel patema d’animo, quel dolore a livello emotivo che la persona prova a causa della perdita di un “oggetto amato”; alcuni esempi di dolore psichico sono il lutto, la perdita del lavoro, la fine di un rapporto sentimentale.
In questo articolo si approfondiranno le ripercussioni del dolore psicologico sul dolore organico
Nelle situazioni in cui ci si deve sottoporre ad un evento che potrebbe causare dolore fisico, (per esempio: una iniezione, una medicazione, un intervento chirurgico) la qualità, l’intensità e il tipo di ricordo della sofferenza fisica che proveremo {se la proveremo} sarà influenzata dai seguenti fattori:
- Stato psicologico, già in essere, del soggetto
Se la persona è ansiosa, con umore depresso, agitata, impaurita o comunque con un humus emozionale negativo è possibile che accusi maggiormente il dolore fisico.
- Aspettative circa l’entità di dolore che proverà.
Credere che si proverà dolore può comportare nel soggetto uno stato di allerta che farà focalizzare l’attenzione sul più piccolo stimolo rendendolo doloroso anche quando non lo è. All’opposto, mentire alla persona per farla stare tranquilla è deleterio perché il dolore fisico inaspettato creerà uno stato di allarme che porterà in forte agitazione il soggetto. Inoltre, potrà vivere quell’evento in modo traumatico e difficilmente si fiderà ancora non solo di quegli operatori, ma anche degli altri con cui nel futuro si approccerà.
- Livelli personali di tolleranza al dolore.
Ognuno di noi ha dei propri livelli fisiologici di sensibilità al dolore. Alcune persone hanno una soglia del dolore più alta e altre molto meno. Situazioni di malattia cronica o organica grave possono abbassare la soglia del dolore.
- Approccio relazionale dell’operatore
Un operatore che si pone verso il paziente in modo accogliente, calmo, gentile, empatico e ascoltando in modo attivo i dubbi e le paure che l’altro gli presenta, direttamente e indirettamente, ha un effetto estremamente positivo. Se la persona che si deve sottoporre ad un intervento potenzialmente doloroso, o che lo è per le sue aspettative, si sente compresa e trova un clima sereno molto probabilmente abbasserà i livelli di agitazione e di tensione muscolare e sarà più propensa a collaborare.
- Comunicazione emotiva dell’operatore
Può succedere che l’operatore comunichi indirettamente, attraverso la comunicazione non verbale, la propria rabbia, tensione o altra emozione negativa. Soprattutto in pazienti che stanno attraversando un percorso di cura difficile a causa di una patologia grave, l’uso di determinate battute fuori luogo oppure di comportamenti superficiali o frettolosi possono causare un impatto emotivo devastante. Di fatto, la persona si trova in uno stato emotivo estremamente fragile dove, molto spesso, non si sente al pari dell’operatore. Questa posizione di disequilibrio le fa vivere l’interazione in modo passivo, sentendosi di doverla subire, di non riuscire a reagire perché in quel momento non ha risorse per farlo. In altri casi, la persona invece reagisce a questa impotenza con eccessiva rabbia, aggredendo verbalmente l’operatore.
- Esperienze pregresse
Situazioni simili, anche se avvenute a distanza di molto tempo, possono creare nella persona aspettative uguali. Per esempio, se anni addietro la persona era stata dalla fisioterapista per risolvere una contrattura e aveva provato forte dolore, dovendoci ritornare, anche se sarà un’operatrice diversa, avrà timore di riprovare quel dolore. Per il meccanismo della generalizzazione, anche esperienze diverse, ma che la persona accomuna (perché avvengono sempre in un ospedale o in un ambulatorio, perché il personale ha il camice, perché ci sono odori simili nell’ambiente, ecc.), possono influenzare emotivamente il vissuto attuale, anche se diverso.
Un esempio di come il dolore psicologico influenzi il livello di dolore fisico e la permanenza del suo ricordo nel tempo
Una paziente oncologica mi raccontò di quanto gli operatori dell’unità chirurgica fossero stati gentili e accoglienti rendendole molto meno pesante il ricovero e l’intervento chirurgico.
Allo stesso tempo, però, si ricordava di un’infermiera non sgarbata, ma distaccata, fredda, indifferente che, per toglierle la flebo, le aveva premuto troppo energicamente sull’ago cannula procurandole un forte dolore.
Il dolore fisico era stato rafforzato dal dolore psicologico poiché si era sentita umiliata, dato che l’infermiera non aveva avuto accortezze e l’aveva trattata, a suo dire, “come un cane”. Questa situazione che è stata probabilmente sottovalutata dall’operatrice, che forse era più attenta ad andare di fretta, ha creato nella paziente un forte senso di frustrazione.
Una volta uscita dalla stanza l’infermiera, la signora è crollata in un pianto a dirotto poiché si era sentita non considerata come persona, soprattutto in un momento in cui non aveva le forze per reagire.
A consolarla fu un’altra paziente oncologica, la sua compagna di stanza, che l’abbracciò con calore e affetto.
E’ fondamentale un approccio empatico unito anche all’auto-osservazione, perché siamo esseri umani e tutti possiamo sbagliare (anche se dovremmo cercare di fare sempre molta attenzione), l’importante è accorgersi e cercare di rimediare.
Sbagliare è umano, ma è importante che l’operatore rimedi all’errore
Il film Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel, è tratto da una storia vera in cui il protagonista è rimasto totalmente paralizzato tranne l’utilizzo di una palpebra, con cui poi scriverà il libro.
In un momento del film, l’ortofonista si arrabbia col paziente perché lui le sta “dicendo” di voler morire. La reazione dell’operatrice è di forte frustrazione e rabbia per cui impulsivamente lo rimprovera e se ne va sbattendo la porta.
Subito dopo, rendendosi conto dell’errore fatto, la professionista torna in stanza e chiede scusa. Il paziente la comprende e accetta di buon grado quelle scuse (nel film si ascoltano i suoi pensieri), scherzando fra sé e sé sul carattere delle donne.
Questo è un esempio, anche se tratto da una scena di un film, di come sbagliare sia umano ma accorgersi e rimediare sia estremamente professionale ed etico oltre a far sentire l’altro non solo un paziente, ma anche una persona.
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Dott.ssa LAURA PEDRINELLI CARRARA
Psicologa, Psicoterapeuta, Ipnotista Ericksoniana
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