
Se desidero che l’altro mi comprenda è importante che io basi la mia comunicazione in modo da renderla maggiormente comprensibile. Per farlo devo sapere che, generalmente, le persone utilizzano i loro sensi anche nella comunicazione.
Di fatto, per la Programmazione Neuro Linguistica, per comprendere o inviare un messaggio, tendiamo a basarci su alcuni canali sensoriali.
Le tipologie sensoriali sono 3
- Quellavisiva: siamo molto attenti a ciò che vediamo, abbiamo una memoria fotografica, nelle nostre interazioni ci rimangono impresse soprattutto le immagini e quindi per apprendere abbiamo bisogno di vedere come si fa oppure di avere un promemoria scritto in modo da poterlo leggere e ricordare.
- Quella uditiva: in questo caso la nostra attenzione è rivolta alle parole che udiamo o che emettiamo. Facilmente tendiamo a ricordare le frasi o le precise parole espresse dall’altro anche nel tempo. La nostra memoria è fatta di suoni. Per apprendere abbiamo bisogno di sentire bene le spiegazioni più che di vedere come si fa.
- Quella cinestesica: la persona è molto sensibile alle impressioni che gli arrivano “a pelle”, nelle interazioni vive le sensazioni che gli sono arrivate più che le immagini o le parole che ha udito. E’ molto portata per la manualità e quindi per apprendere ha bisogno di fare qualcosa piuttosto che vederlo o sentirlo. La memoria è spesso di tipo olfattivo, quindi, dei posti o delle situazioni vissute si tende a ricordare maggiormente gli odori e le sensazioni provate.
Ognuno di noi utilizza tutte e queste tipologie ma in modi diversi, per esempio si può usare spontaneamente di più la modalità visiva oppure impiegare tutti i sensi in modo eterogeneo fra loro. Ciò fa capire che se voglio inviare un messaggio ad una persona che utilizza maggiormente il canale uditivo e lo faccio con la mia modalità che, per esempio, è visiva, è possibile che per quanto potrò fare, l’altro possa comprendermi con difficoltà o molto poco.
E’ importante perciò cercare di modificare la propria modalità di esprimere il messaggio in modo da renderlo maggiormente comprensibile, se noto che l’altro ha difficoltà a capirmi bene.
Un esempio può essere quello di utilizzare sia la spiegazione verbale, sia l’appuntare quanto espresso su di un foglio in modo da fermarne i punti essenziali (se siamo in una riunione posso scrivere su di una lavagna) e sia far esperire direttamente quanto ho spiegato (nel caso sia possibile) se comprendo che può essere utile.
Assicurarsi che l’altro abbia compreso
Non basta esprimer e un messaggio in modo chiaro e comprensibile per essere sicuri, o comunque per migliorare la possibilità, che l’altro ci abbia compreso.
E’ utile quindi chiedere all’altro di poter riassumere quanto abbiamo appena detto. Ovviamente non gli diremo che vogliamo essere sicuri che abbia capito bene, perché si sentirà trattare come un ignorante!
Partiremo invece dalla nostra riformulazione di ciò che lui ci risponde per poter poi arrivare a fargli dire il sunto di ciò che noi abbiamo affermato con le sue parole.
Per esempio: “ Alla mia affermazione che siamo indietro con il lavoro mi hai risposto che è vero a metà. Bene, quindi tu mi stai dicendo che in realtà molte delle cose che ti ho detto stanno di fatto avvenendo; mi potresti spiegare meglio quali delle cose che ti ho detto stanno avvenendo e quali no?”
Può succedere anche che mentre noi effettuavamo una comunicazione:
- L’altro ci ha interrotti dicendo che non era vero tutto ciò che affermavamo. Probabilmente non ha ascoltato molto di ciò che dicevamo e si è messo subito sulla difensiva.
- L’altro ci ha ascoltato, ma invece di comprendere il problema ha pensato subito di lenirlo, affermando che non è così grave.
La riformulazione è quindi molto importante perché ci permette:
- Di poter spiegare meglio ciò che si sta dicendo, evitando fraintendimenti.
- Di comprendere ciò che l’altro ha capito di quanto gli abbiamo detto e quindi di poter ovviare ai contenti non compresi o a poterli integrare.
- Di approfondire l’argomento invece di interromperlo, sollecitando la collaborazione invece che la presa di posizioni distinte e contrastanti.
Agevolare il processo di inter-relazione e informazione
Per poter agevolare il processo di inter-relazione e di informazione e fare sì che l’altro rimanga nel momento comunicativo e in modo attivo e partecipe è importante evitare alcune barriere della comunicazione.
Le barriere della comunicazione rappresentano modalità colloquiali che tendono ad essere percepite in modo negativo dal nostro interlocutore, portandolo a chiudere la comunicazione o a continuarla in modo oppositivo o mettendosi in un approccio di tipo difensivo.
Le barriere della comunicazione sono:
- Interpretare <Non mi chiede informazioni, si vede che non ne ha bisogno> In questo caso definisco io la volontà dell’altro, senza chiedergli conferma, e così smetto di mia iniziativa di proferire altre parole, ma in realtà non so se davvero sia così, forse l’altro è intimidito oppure ci sono altre cause.
- Giudicare <Certo signora, capisco, lei però è troppo incerta!> Più che mai il giudizio pone l’altro sulla difensiva, a nessuno piace sentirsi giudicati e, in questo modo, la comunicazione procederà in modo negativo, se l’altro non la interrompe prima “fuggendo” dall’interazione.
- Svalutare <Se le dico che non deve aver timore … le scadenze vanno seguite in questo modo, anche un bambino lo saprebbe fare!!!> Sentirsi svalutati pone una grande barriera verso l’altro. Ci si sente incompresi, non considerati, da quel momento ciò che l’altro dirà sarà filtrato. L’altro può essere vissuto come qualcuno che intimidisce o allontana.
- Punire <Mi dispiace, ma lei è molto indecisa e io devo parlare con altre persone> i tempi del lavoro o dell’interazione in generale sono spesso stretti, però dall’altra parte c’è sempre una persona che ha diritto di essere trattata come tale. Il punire non è gratificante, né produttivo; difficilmente la persona tornerà da noi e probabilmente proverà frustrazione e/o reagirà in modo negativo.
- Sostituire <Mi rendo conto che non ha mai redatto un report, fatto così però non va bene, lo chiederò all’altra collega!> Se l’altro mostra difficoltà, non è sostituendolo che lo aiutiamo e non sosteniamo neanche il nostro lavoro. È più produttivo comprendere la tipologia del problema e, nel caso, farlo collaborare con qualcuno perché poi possa essere autonomo nel lavoro successivo, che farlo vicariare per poi ritrovarsi con lo stesso problema. In questo modo blocchiamo la sua motivazione e l’entusiasmo.
- Interrompere < Ok, ok, non c’è bisogno che mi dica altro! Ho già capito.> Nel colloquio succede spesso che come l’altro inizia a parlare già pensiamo di sapere dove vuole arrivare e nello stesso tempo formuliamo la nostra risposta. Purtroppo non siamo sempre così bravi da capire al volo le persone e questo atteggiamento esprime non ascolto e non comprensione dell’altro. Provate a lasciar parlare l’altro e poi a riformulare quanto ha appena espresso. Vedrete che lui si sentirà maggiormente ascoltato e capito e ci saranno minori incomprensioni.
- Pressare “Sono dieci volte che ti chiedo di ordinare i guanti, ma non trovi mai il tempo” Mettere l’altro sotto pressione non sempre lo stimola a tirar fuori la parte migliore di sé. Solitamente gli aumentiamo l’ansia diminuendogli la capacità di concentrazione e aumentando così la possibilità di errore. Altre volte, le persone possono rispondere con reazioni dovute alla rabbia.
- Sviolinare “Sei il/la migliore, senza di te sarei persa/o” le gratificazioni sono molto importanti, ma devono essere sincere altrimenti,per la potenza del linguaggio non verbale, passa la non sincerità e l’altro si sente poco stimato.
Le barriere della comunicazione sono modalità che spesso utilizziamo spontaneamente per abitudini culturalmente apprese, è difficile evitarle, ma se ci mettiamo attenzione possiamo limitarle. Ogni volta che le utilizziamo sappiamo che mettiamo l’altro in difesa e blocchiamo o rendiamo più ostica la comunicazione.
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Dott.ssa LAURA PEDRINELLI CARRARA
Psicologa, Psicoterapeuta
Studio in Via Marche, 71 a Senigallia (An)
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